22/05/2021 - 31/07/2021
Jessica Loughlin | Architetture di Luce + Giampaolo Babetto | Architetture per il Corpo
A Venezia, in occasione dell’apertura della 17. Biennale Internazionale di Architettura, Caterina Tognon presenta in galleria gli ultimi lavori in vetro di Jessica Loughlin (Melbourne, 1975) e i gioielli in oro e vetro di Giampaolo Babetto (Padova, 1947).
Due artisti distanti per geografia, temporalità e ambito produttivo ma vicini per un comune pensiero creativo volto alla semplificazione di forme e immagini complesse. Entrambi – Babetto nel 2019, Loughlin nel 2020 – sono entrati nella short list del Loewe Foundation Craft Prize, importante concorso internazionale volto a valorizzare le grandi eccellenze nelle arti decorative contemporanee.
Architetture di Luce | Jessica Loughlin
In primis vi è la luce. Sempre, ovunque. Come essa colpisce – con brillante intensità, o delicatamente, con una carezza.
Jessica Loughlin vive su di una collina esposta a nord, vicino ad Adelaide. Da lì, può vedere l’intero orizzonte; ogni sera osserva i rosa delicati del sole al tramonto posarsi sulle nude, brune colline sul versante opposto. Adelaide si trova sulla sponda orientale dell'immenso, superficiale Golfo di St. Vincent; molto più esteso della Laguna di Venezia, è allo stesso modo un luogo di panorami nebbiosi; il sole, nel suo transito diurno, rende le sue lunghe sabbie prima perlacee, poi grigie – tidal #1 e tidal #2, entrambe del 2006, con i loro orizzonti sospesi evocano quel ciclo naturale infinito, qui momentaneamente sospeso.
Altrettanto significativo è il fatto che per molti anni Loughlin si sia incamminata su percorsi non battuti con il proprio compagno, e nel 2020 anche con la giovane figlia, nelle regioni aride a centinaia di chilometri a nord di Adelaide: quelle grandi terre aperte e piene di vita dell'entroterra australiano, in particolare su vasti laghi salati come il lago Frome (Munda) e il lago Eyre (Kati Thanda), dove gli effetti della luce mutevole sono straordinari. Questo è ciò che vediamo nei lavori receptor for light, che registrano i costanti cambiamenti di luce in questi luoghi remoti, quasi si fosse completamente immersi in un involucro di luminosità. E quando è lì, Loughlin è sempre alla ricerca: scansiona, cambia posizione, contempla lo spazio – lentamente, col tempo, nel corso di visite successive e lunghe passeggiate. E poi ascolta il silenzio.
Il vetro è il materiale della Loughlin, ma il suo soggetto è vedere, esperire, essere in quegli spazi risonanti, silenziosi e disabitati. Più di ogni altra cosa, considera la luce che crea questi luoghi e quei momenti, che sono assolutamente distinti da tutti gli altri. Questo è ciò che l’artista ci dona: evoca il firmamento azzurro pallido sospeso sulle vaste terre desertiche australiane; risponde alle loro distese con radicale semplicità, e alle loro scintillanti distanze con la sostanza del vetro stesso. Il vetro opalino, come accade, si comporta in modo molto simile alla luce all’orizzonte: riflette la luce blu ma trasmette toni caldi, quindi i lavori di Loughlin mutano leggermente tonalità nel momento in cui la luce ambientale cambia. Per esempio, receptor for light xiv e receptor for light xv, del 2021, ricompensano la lunga ricerca dell’artista, proprio come la vista dalla cima della collina rivelerà, gradualmente, sfumature precedentemente insospettate. Trascorri del tempo con loro; cammina intorno a loro; lascia che i tuoi occhi si abituino e il tuo battito cardiaco rallenti.
E che dire del suo uso del blu? Quel blu che allude sempre, credo, al sacro? Vedo i cieli in suspended hue i e suspended hue ii, entrambi del 2021, quasi come se il firmamento includesse una tenda gloriosa sospesa sopra l'universo, come la cupola del cielo degli antichi filosofi, così come alla struttura dei cristalli di sale che costituisce l'impulso originale ai lavori. D’altro canto, con pale blue dot ii (2021) ci troviamo nel firmamento, o forse guardiamo indietro al Pianeta Blu dallo spazio profondo? Si tratta di opzioni aperte, poiché Loughlin ci invita a speculare sul nostro posto in questo mondo colmo di luce.
Il che mi porta alla distinzione tra luce, la luce stessa e lumen, descritto scientificamente come "unità di misura del flusso luminoso pari alla luce emessa nell'angolo solido unitario da una uniforme sorgente puntiforme avente intensità di una candela". L'esplorazione del vetro di Jessica Loughlin sfrutta proprio questa distinzione: l’artista sblocca la pace trascendente emanata dalla luce di paesaggi aperti e disabitati, quel senso di liberazione da sé che è dono peculiare del mare, o del deserto, sfruttando le paradossali capacità del vetro. La luce è entrata nello studio e Loughlin la rinchiude nel vetro.
Julie Ewington
Sydney, Australia, maggio 2021
Jessica Loughlin (Melbourne, 1975) è riconosciuta per un approccio minimale al vetro artistico e il modo assolutamente non convenzionale in cui utilizza questo materiale.
Ha esposto in importanti mostre nazionali e internazionali: in USA, Gran Bretagna, Germania, Italia, Singapore e Australia naturalmente.
Ha co-fondato Gate 8 Workshop, un’organizzazione no profit che mette a disposizione degli spazi attrezzati per artisti locali. Viaggia regolarmente, insegna, ha vinto molti premi tra cui: “Outstanding New Artist in Glass” by Urban Glass, New York, USA; il Tom Malone Art Prize nel 2004 e nel 2007 e il Ranamok Prize, entrambi in Australia.
Le sue opere sono entrate in prestigiose collezioni pubbliche: National Gallery e Queensland Art Gallery in Australia; Corning Museum of Glass, New York, USA; Mobile Museum of Art, Alabama, USA; MUDAC Losanna, Svizzera; Victoria and Albert Museum, Londra, Gran Bretagna.
Architetture per il Corpo | Giampaolo Babetto
Giampaolo Babetto, artista padovano dedicato all’arte orafa, ma anche all’architettura, al design alla fotografia, è uno dei Maestri della Scuola Orafa Padovana: movimento artistico nato a metà dagli anni ’50 tra i banchi della sezione di oreficeria dell’Istituto d’Arte “Pietro Selvatico” di Padova, soprattutto grazie al Maestro Mario Pinton.
Lo studio dei corpi in movimento nello spazio; lo sguardo all’architettura come rigore progettuale e come ricerca sul dettaglio costruttivo; la profonda analisi sulla materia e sulle tecniche di costruzione; la conoscenza della scultura – antica e contemporanea – con la consapevolezza che dalla conoscenza può nascere il gioiello come opera d’arte: questi sono alcuni dei principi che ispirano gli artisti della Scuola.
Lavorare attorno a questo tema fornisce a Babetto nuove idee e lo conduce a intuizioni costruttive che divengono forme creative. Il gioiello per lui è «un’entità semplice e autonoma, estranea a ogni riflesso soggettivo e simbolico che non sia il processo stesso della sua costruzione». (Germano Celant, Giampaolo Babetto, edizioni SKIRA, Milano 1996)
Per questa esposizione nella galleria di Caterina Tognon, che dal 1991 si occupa di scultura contemporanea in vetro, l’artista ha scelto di lavorare proprio con il vetro, materiale fragile per eccellenza, accostandolo all’oro, duttile e poco deteriorabile. Due materiali in antitesi, diversi e distanti per caratteristiche e aspetto, ma armoniosamente vicini nella sintesi delle sue creazioni. Sono opere che abitano il corpo e vivono sulla sua superficie flessuosa e in costante movimento, esattamente come accade in architettura, dove sono le persone ad animarla e renderla viva. «Gioiello e Architettura diventano così gli estremi di un dialogo che ha come punti di incontro quello del corpo in movimento». (Domitilla Dardi, Corpo movimento struttura. Il gioiello contemporaneo e la sua costruzione, Manfredi edizioni, Imola 2018)
Giampaolo Babetto (Padova, 1947) è considerato uno dei maggiori esponenti della Scuola Orafa Padovana, conosciuta in tutto il mondo per la ricerca e la sperimentazione nel campo artistico del gioiello contemporaneo.
Pur ricercando forme pure, rigorosamente geometriche, Babetto non perde mai di vista la funzione pratica delle sue opere, create per abitare il corpo. Una raffinata creatività lo porta ad associare i metalli preziosi a materie non convenzionali al mondo del gioiello, come la plastica e il vetro, e a praticare lavorazioni all’avanguardia, di grande savoir-faire tecnico. Dal 1967 espone in Italia, Germania, Olanda, Belgio, Austria, Svizzera, Gran Bretagna, Giappone, Usa, etc. Le sue opere sono presenti nelle collezioni di tutti i musei che si occupano di gioiello contemporaneo. Vive e lavora nella sua casa-atelier ad Arquà Petrarca sui Colli Euganei.