29/03/2025 - 30/04/2025

Liana Ghukasyan - Blues for you

Vi sono delle frequentazione umane che divengono abitudinarie. E di certo, qualcheduna avviene, anche, per esigenza. Dunque non è affatto banale ciò che Liana Ghukasyan ci propone e, in fondo, ci ripropone come punto d’attenzione e di maggior analisi. Il letto, oggetto e simbologia, ha la presenza dell’inevitabile, del luogo tributato ed assegnato dalla conformazione architettonica delle abitazioni. Una stanza da letto, per il letto, vi è come prassi di civiltà e d’usanza. Si vorrebbe affermare che fosse essenziale, o almeno, lo si spera. Dunque diviene anche postazione di azioni varie, assortite, lecite, accettabili, segrete, il letto muta perfino in talamo religioso, variando di nome. Ma è sempre lo stesso oggetto. Al suo interno, sopra di esso, sotto di esso, avvengono vicende che nella cronologia umana sono accostate alla notte, al giorno, alla procreazione, al divertimento, al riposo, al “conscio letto, dolorosamente”, alla Leopardi. Liana ci conferma che il letto “è una morte e rinascita tutti i giorni”. Vi è, a ben guardare, un principio primordiale, per non dire alchemico. Due concetti che nella sua pittura avvengono in una combinazione continuata e mischiata, generando disturbi, visioni, conferme, epifanie, delitti, deliri. Si potrebbe ricercare in svariati luoghi le anime dei pittori ma è quanto mai azzeccato che la Ghukasyan ritrovi una parte della sua creatività nelle pieghe di una coperta, tra gli umori di un lenzuolo, nelle forme scultoree di un materasso o di un cuscino. E in questo non vi è nulla di scontato perché da tali ovvietà ed evidenze, i suoi personaggi si conformano come esperimenti psicologici, neuroscientifici, presenza che solo e per merito della sua osservazione, divengono a noi evidenti. Forme distorte, con mani unghiute, animali, madonne, perdite nel sogno, momenti di presenza all’interno del sogno (gli studi scientifici attuali, molto affascinanti, ci confermano che è possibile, anzi, è il futuro), infine distorsioni e ricompattamenti nella presenza dell’essere umano che, come involucro e scatola di talenti e delitti, riporta tutto all’origine, al pensiero e ad una ragione che dovrebbe supportarlo e venirgli in assistenza. Nella mostra di Liana vi è di certo un elemento di suggestione, di quasi sciamanica ricerca della presenza, dell’invisibile, il punto è che tali pratiche non avvengono mai per natura gratuita ma sono sempre il risultato, la setacciatura d’una esperienza. Probabilmente, come non mai, il titolo, l’argomento, lo sviluppo e la tecnica utilizzata, rappresentano aspetti che l’artista armena ha frequentato assiduamente. Il luogo, l’oggetto prescelto è, ad ogni evidenza, una grande concentrazioni dei saperi della sua arte.

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