10/04/2025 - 01/05/2025
Giorgio Tentolini. Cantami o Diva
Si apre giovedì 10 aprile la mostra che la Galleria Russo dedica all’arte impalpabile di Giorgio Tentolini. A distanza di cinque anni dall’ultimo progetto, Diacronie, e dopo la recente partecipazione alla Biennale di Venezia con Nemo propheta in patria, Giorgio Tentolini torna a esporre a Roma con un progetto che fa dialogare cultura classica e contemporaneità.
L’immagine è da sempre il punto di partenza del lavoro artistico di Giorgio Tentolini. Attraverso di essa, l’artista indaga la realtà, recupera il passato e riflette sul futuro, in un moto circolare eterno che rimanda alla tradizione omerica e postomerica, alla quale si ispira Cantami, o Diva.
L’iconografia che Tentolini propone è atemporale e la sua tecnica, fatta di leggeri strati di rete o tulle, crea figure che emergono e si dissolvono, in una rappresentazione che è, al tempo stesso, presenza e assenza.
In questo progetto i volti tratti dalla statuaria classica fanno da contrappunto ai ritratti dei personaggi femminili tratti dalla tradizione omerica, ricreati come figure di sintesi grazie all’ausiilio dell’AI.
Che si tratti di un’interpretazione della scultura greca o di una creazione derivata dall’incredibile universo dell’intelligenza artificiale, l’immagine rappresenta la genesi di ogni sua riflessione. Tentolini seleziona personaggi e divinità femminili come simboli di una riflessione profonda sul genere umano: diventano il punto di partenza per un’indagine sulle emozioni, le vulnerabilità e le fragilità, temi che trasmettono una forza di resilienza e un’eco universale. La sua ricerca non è solo estetica, ma anche esistenziale, un’analisi del nostro essere oggi, intrisa di un senso di tragica e continua transitorietà, come quella evocata dal proemio omerico, dove la gloria è effimera e il conflitto eterno.
Un progetto che evoca il proemio dell’Iliade di Omero, dove la condizione umana, i conflitti personali e le vicende divine si intrecciano, portando il lettore a confrontarsi con i limiti e le fragilità dell’esistenza.
Parafrasando Crimp, dunque, è nell’assenza dell’”originale” che la rappresentazione trova la sua forza, in quanto ogni figura è di fatto già una rappresentazione del reale, una realtà che è sempre in continuo divenire. Così, come nelle parole di Omero, la bellezza e la tragedia dell’esistenza si svelano e si dissolvono, in un eterno ciclo.