15/02/2022 - 03/04/2022
Marilisa Cosello | Try a cura di Luca Panaro
Se volessi ricostruire le ragioni che mi spingono a fare il curatore, sicuramente al primo posto metterei il piacere di indagare da dietro le quinte la nascita di un’opera e la complicità con l’artista necessaria per intuire gli sviluppi della sua ricerca. Mi interesso al lavoro di Marilisa Cosello dal 2017, ho esposto le sue opere in alcune mostre collettive, come l’installazione di abiti da sposa intitolata La figlia preferita, le immagini fotografiche e il photobook Esercizi obbligatori. Nel 2019 ho curato la sua performance (before) Parade e contestualmente ho avuto modo di apprezzare i suoi libri d’artista in edizione limitata. In queste opere l’immaginario del secolo scorso è aggiornato alla scena contemporanea, i riferimenti visivi al passato sono svuotati da significati storici, diventano nuovi territori in cui i protagonisti sono incapaci di agire, sembrano esistere solo in quanto parte di un disegno più ampio.
Gli “esercizi” messi in scena da Cosello sono proiezioni verso qualcos’altro, da qui il riferimento alla propaganda del XX secolo evidente nei primi lavori. L’aspetto fisico e il corpo allenato, una vita attiva e sportiva, sono spesso il punto di partenza della sua ricerca, un atto di ribellione verso ogni ideologia dominante. Nei suoi lavori è manifesto il riferimento simbolico alle Olimpiadi del 1936, evento che ha segnato l’inizio della propaganda per immagini, Cosello parte da questo immaginario slegandolo dalla storia. La sua opera collega il passato al presente, consapevole della diversità di contesto che intercorre tra due epoche, ma al contempo si dimostra vigile rispetto al pericolo di un possibile ritorno. Ogni opera è un segreto, un rito a cui assistere silenti, dal vivo, in fotografia, oppure attraverso il video. Nonostante la messa in scena, l’azione e la sua documentazione visiva comunicano un senso di realtà e mistero che è difficile rimuovere, come se la performer fosse portatrice d’informazioni latenti, qualcosa capace di sfuggire al controllo razionale dell’artista.
Dal 2020 è cresciuto il mio coinvolgimento nell’opera di Marilisa Cosello, insieme alla necessità di contribuire a estenderne le potenzialità espressive. In questo stesso anno ha visto la luce Try (2020-2022), un ciclo di performance ambientate in varie città e aventi ciascuna come soggetto uno sport differente, sempre al femminile. La Scherma, per esempio, è protagonista di Try #0 realizzata al “Teatro Continuo” di Alberto Burri che si trova al Parco Sempione di Milano. Le quattro performance successive si svolgono invece nello spazio temporale del 2021, in concomitanza con le Olimpiadi di Tokyo. In Try #1 la Ginnastica artistica è messa in scena nell’ex chiesa di San Francesco a Fano, in occasione di Centrale Festival. Con Try #2 è la volta della Ginnastica ritmica, performance realizzata al Museo M9 di Mestre. A seguire Try #3, un incontro di Boxe nel sottopasso di viale Lunigiana a Milano in occasione di Biennolo. Try #4 è l’ultima performance del 2021, dedicata al Basket e ambientata nel Cortile d’Onore di Palazzo dei Pio a Carpi.
Cogliendo l’occasione di questa personale alla Galleria Studio G7 di Bologna, Marilisa Cosello ha deciso di mettere in scena una nuova performance site specific, pensata appositamente per lo spazio espositivo. In Try #5 l’artista sceglie come sport il Sollevamento pesi, rigorosamente al femminile come nelle azioni precedenti, Cosello si dimostra interessata a piegare il gesto atletico all’astrazione dell’opera d’arte. Durante tutte le performance realizzate sotto la sua attenta regia, le atlete subiscono una sorta di metamorfosi, da sportive si trasformano in performer, così come accade qui a Bologna con Giorgia Bordignon medaglia d’argento ai Giochi olimpici di Tokyo, titolo conquistato per avere sollevato un totale di 232 kg, con uno strappo a 104 kg e uno slancio a 128 kg. Lo spazio vuoto della galleria si riempie del tentativo continuo e ripetuto dell’atleta, del gesto sospeso che perde la sua funzione originaria per divenire pura esperienza estetica. Subito dopo la performance rimane un bilanciere mentre le pareti della galleria rimangono disadorne di opere. Inizialmente lo spazio espositivo si carica solo del gesto performativo, della presenza dell’autrice a dirigere l’azione, del pubblico senza il quale la performance non avrebbe ragione d’essere. In un secondo momento la galleria mostra le tracce dell’evento, il bilanciere diventa opera d’arte occupando lo spazio con la sua presenza plastica, l’assenza della performance lascia il posto a una fotografia, un video e qualche disegno, che riconfigurano il luogo trasformando l’evento estemporaneo in occasione espositiva.
La scelta cade su alcune opere di Try, ognuna trova il proprio spazio e il linguaggio espressivo che più la connota. Sulla prima parete una fotografia di grandi dimensioni tratta da Try #1 mostra le giovani atlete di Ginnastica artistica allineate davanti all’abside della ex Chiesa di San Francesco a Fano, uno dei più antichi monumenti della città che si caratterizza per l’assenza del tetto. Un’immagine forte che evidenzia come l’artista decontestualizzi lo sport e l’azione a favore di una riflessione sull’identità femminile; si noti la postura delle atlete, l’utilizzo simbolico del colore, i costumi seriali di certi esercizi ginnici del passato che riaccendono la memoria collettiva. Sulla parete opposta si anima il video di Try #3, una scena altrettanto surreale che prende forma nel sottopasso di viale Lunigiana a Milano, un incontro di Boxe disputato nel traffico cittadino. Il caos del luogo e la presenza del pubblico mettono costantemente in pericolo la buona riuscita dell’azione, l’opera sembra il continuo tentativo di vincere l’imprevisto per onorare le intenzioni dell’artista. Il risultato della performance è straordinario e l’opera video riesce a restituire le emozioni contrastanti dell’azione, anche grazie all’audio ambientale. La mostra si conclude con una serie di disegni realizzati da Marilisa Cosello, non tanto opere propedeutiche, mancano infatti di riferimenti diretti alle performance sopra descritte, sono però parte integrante delle ricerche iniziali svolte dall’artista a studio del progetto. Si riferiscono a immagini di atlete olimpiche, in certi casi più facilmente riconoscibili, è la postura a caratterizzarle, i loro corpi sono indagati come superfici, sono figure sospese prima dell’azione.
Luca Panaro