19/12/2019 - 20/03/2020

If Bees Are few

Per fare un prato occorrono un trifoglio ed un’ape,


Un trifoglio ed un’ape


E il sogno.


Il sogno può bastare


Se le api sono poche.


 


Emily Dickinson


 


 


La mostra indaga le diverse modalità di fruizione delle immagini che appartengono al quotidiano e che possono essere vissute come punti di partenza per innescare nuovi processi interpretativi.


Gli artisti coinvolti utilizzano tecniche differenti, come il disegno, l’intaglio su carta, la ceramica, l’acquarello e materiali presi dal reale, per declinare immagini che appartengono o rimandano al mondo naturale.


 


Maddalena Ambrosio (Napoli, 1970) esalta la semplicità di un elemento immediatamente riconoscibile, decontestualizzando e snaturando la funzione primigenia, per riflettere sulla smaterializzazione delle cose, sulla loro fluidità e sulla nuova identità che possono assumere gli oggetti che rintraccia e sceglie. Il tessuto abbandona la struttura che lo costringe dentro una forma precostituita e si propaga nello spazio, la coltre di terra ricopre segreti che l’artista intrappola sulla superficie nodosa e sinuosa di un vecchio elemento dismesso, per dar vita a nuove dimensioni dell’essente. Emergono simulacri che si lasciano osservare in religioso silenzio, con uno sguardo sempre ancorato alla vita primordiale dell’oggetto ma contemporaneamente aperto verso i nuovi valori dell’immaginifico.


 


La leggerezza è il filo conduttore del lavoro a cui si dedica Leila Mirzakhani (Teheran, 1978) con meticolosità e pazienza, inglobando nelle sue raffigurazioni elementi che generano suggestioni ricche di simbologie, storie e fascinosi riferimenti alla propria cultura, quella iraniana. In questa occasione l’artista presenta un intreccio di due tecniche, unendo il video alla carta, dove uno stormo di uccelli va alla ricerca di lidi migliori per trovare casa, ovvero quel porto sicuro dove ci si sente protetti da tutto e da tutti. La carta è poi il materiale prediletto con cui Mirzakhani si esprime, in quanto gli concede l’immediatezza e la fluidità del tratto, attraverso un processo che punta all’essenziale ma non rinnega l’esaltazione del dettaglio.


 


Gianluca Quaglia (Milano, 1978) esplora l’intima relazione tra i diversi elementi che compongono un paesaggio, soffermandosi sulla modalità di fruizione di un’immagine e sulle diverse definizioni teoriche che risiedono alla radice del rapporto uomo/natura. La scelta dell’artista di utilizzare semplici carte decorate con fiori e animali, intagliate e sovrapposte, oppure tavole scientifiche, nasce dall’intenzione di proporre figure immediatamente riconoscibili, portando lo spettatore a generare un incontro di tensioni opposte per sviluppare un’attenta osservazione. I giardini e i volati, ricavati dall’estrazione della decorazione cartacea, suggeriscono una dimensione transitoria, che è diversamente sviluppata nei pappagalli in ceramica, i quali, posti su piedistalli, si celano al nostro sguardo mediante una copertura che desta curiosità, stupore e desiderio di vedere ciò che sta sotto, che si ha davanti agli occhi e che si sta osservando.


 


Balint Zsako (Budapest, 1979) adopera un approccio sciamanico nei confronti della natura e realizza disegni che hanno il sapore antico di danze propiziatorie, riti di passaggio spesso misteriosi che raccontano duelli sessuali, distorsioni d’identità, intrighi o frazionamenti in cui gli alberi sono protagonisti ancestrali. I suoi racconti rimandano a gestualità primordiali, dove non c’è spazio per la razionalità e l’ordine ma impera l’impulsività tra le diverse e opposte energie delle cose, rese visibili con il potere del colore. L’arcaica magia delle danze diventa incontro tra uomini, sovrapposizioni di corpi, giochi di elementi che appartengono alla terra e ci lasciano immergere in un mondo fatto di simboli oscuri da interpretare.


 


Il percorso espositivo è dunque un invito all’osservazione che innesca un processo in cui la natura si rivela cosa viva, con cui entrare in stretta relazione, mostrando punti di orientamento veri o presunti, per condividere con lo spettatore un viaggio in cui il cielo è sempre pieno e vuoto di nuvole. E, se le api sono poche, si ricorre all’essenzialità, che contiene purezza e seduzione di ciò che si sta guardando.


Ogni artista è in grado di generare immaginari e pensieri amplificati rispetto al punto di partenza e, proprio perché le api sono poche, ciascuno suggerisce con il proprio lavoro una diversa e originale proposta in cui è possibile riconoscere se stessi.

MIMMO SCOGNAMIGLIO ARTECONTEMPORANEA