08/02/2024 - 28/03/2024
Emanuele Resce "Sinai Phone"
Nashira Gallery dopo un anno di intensa attività con mostre, reading, team-building e talk, cambia sede, lascia via Vincenzo Monti e approda in via Valpetrosa n.1.
Un nuovo spazio più ampio nel centro di Milano, a due passi da alcuni dei monumenti simbolo della città come la Biblioteca Ambrosiana e il Duomo, permetterà alla galleria di rispettare la missione che si è preposta: essere sempre più attiva e presente nel tessuto culturale della città, presentando nuove mostre di artisti contemporanei sia italiani che internazionali e diventando così un importante punto di riferimento per appassionati e collezionisti d’Arte Contemporanea.
L’8 febbraio 2024 Nashira Gallery inaugurerà la nuova sede con la mostra personale dell’artista Emanuele Resce.
La mostra, da titolo Sinai Phone, accoglierà l’ultima produzione dell’artista campano, classe 1987: sculture e installazioni a parete, che vogliono essere una speculazione materica – e quindi più che umana, disumana – intorno all’umanità, e alle domande che collegano circolarmente il suo futuro e il suo passato profondo.
Da sempre interessato ai testi antichi, che accompagnano le sue ricerche artistiche, Resce ne ribalta l’assunto antropocentrico con cui sono tramandati.
Le sue creazioni si compongono, così, degli scarti di un processo di elaborazione imperfetto, il cui residuo non riconduce a forme riconoscibili, ma viene dettato dalla manipolazione grezza dei materiali che accompagnano tutta la mostra: argilla, ferro, rottami di auto e biciclette.
Collassa così la distinzione tra antico e contemporaneo, tra vitale e morto, tra nuovo e scartato.
Nei rifiuti che compongono il rimosso di ogni città in espansione, si delinea la forma di quella che dovrebbe essere la creazione perfetta che, invece, non è altro che un esperimento come gli altri, con i suoi errori, le sue mancanze e i suoi dolori imprescindibili in ogni trasformazione.
Le opere di Resce potrebbero condurre lo spettatore a chiedersi se è un inizio o una fine quella a cui stiamo assistendo. Interrogativo a cui l’artista si approccia ripensando alla posizione dell’attività artistica all’interno della concatenazione degli esseri e delle cose, con la stessa operosa ironia che, nelle campagne riarse dell’Irpinia da cui l’artista proviene, trasforma i guard rail in mangiatoie e architravi per le stalle. Un’ironia che si rifette anche nel titolo scelto per la mostra rubato a un negozio della periferia milanese, attuale base dell’artista. Sinai Phone, il monte biblico della chiamata a Dio di Mosè, diventa per esteso la sede di una comunicazione altra – che sia la necessità di videochiamare parenti lontani, entrare in contatto con un Elohim proveniente da un altro mondo, o di creare un canale annullando il dualismo tra sé e il mondo, come richiede lo sforzo della pratica artistica.
Il paesaggio quasi apocalittico in cui Sinai Phone accoglie lo spettatore, non vuole dare soluzioni e risposte sul futuro dell’umanità, ma testimonia come molta vita è esistita prima di questa e molta esisterà, anche oltre la nostra comprensione: la materia non consola, esiste e basta.