06/04/2025 - 28/06/2025

LETIA - Letizia Cariello "Merzbau Quantico" testo critico a cura di Caroline Corbetta

Testo critico a cura di Caroline Corbetta


 


«Adesso fo’ la finestra» («I make a window»)


 


In Daunbailò, commedia indie girata da Jim Jarmusch negli anni Ottanta, Roberto Benigni, nei panni di


un turista italiano incarcerato, disegna una finestra sulla parete sotto gli occhi di uno scettico compagno


di cella. Un gesto tanto assurdo quanto necessario. Non un puerile tentativo di evasione dalla prigione, ma


un immaginifico gesto di superamento delle limitazioni spazio-temporali. Come Lucio Fontana quando


squarciava chirurgicamente le tele trovando l’Universo. O Kazimir Malevič, che intorno alla Rivoluzione


d’Ottobre, diceva cose come «ho messo tutti i colori nel sacco e ci ho fatto un nodo: ecco il libero abisso


bianco, l’infinito, sono davanti a noi». In questo senso, i suoi quadrati non sono segni tautologici,


anticipatori dell’arte concettuale, ma varchi spalancati sull’oltre. Proprio come l’armadio in Le cronache di


Narnia che immette i giovani protagonisti in un’altra dimensione.


Questi sono solo alcuni tra i moltissimi riferimenti che Letizia Cariello, in arte LETIA, cita e ispira con la


sua mostra Merzbau Quantico. Arte visiva e fisica quantistica. Immaginazione e intuizione. Strumenti che


aumentano la percezione, rivelando l’energia oltre le apparenze. Niente è come appare. Ce lo dicono da


quasi un secolo gli scienziati e da molti secoli gli artisti. Disegnare finestre là dove ci sono muri non è per


nulla banale, ma è una sfida alla percezione convenzionale -e costrittiva- della realtà. Con la sua mostra,


LETIA ci fa attraversare un percorso ontologico che tenta questo sfondamento verso la sovrarealtà dove


spirito e materia sono sullo stesso piano, intrecciate.


Merzbau Quantico è l’installazione che dà il titolo alla mostra e funge da sua soglia. Con delle corde rosse


(colore distintivo del suo agire artistico), l’artista riconfigura lo spazio ma anche il tempo. Accedendovi,


si smette di vedere e si comincia, finalmente, a intravedere: vedere attraverso, vedere oltre, intuire la verità,


immaginare e persino prevedere, avere l’intuizione di cose future. «Immaginazione del presente e del futuro: la sperimento a volte davanti a certi fatti che sono romanzi, musiche, ambienti, disegni e opere di ogni genere che vivono in una condizione non soggetta alla concezione lineare del tempo che ci tiriamo dietro come una ridicola certezza», scriveva LETIA un paio d’anni fa.


In questa dimensione a-temporale del Merzbau Quantico si intravedono alcuni Gates, mini-architetture


organiche ispirate all’ordine della Natura, superfici di confine tra fuori e dentro, e Calendari che procedono


avanti e indietro nei giorni, nei mesi, negli anni, riavvolgendo il tempo personale e collettivo per poterlo


attraversare, mentre acquisiamo la consapevolezza che siamo qui ora. Ma anche altri portali dipinti


direttamente sulle pareti, che non possono non essere ricollegati ai quadrati di Malevič o alla finestra di


Benigni. E, ovviamente, sono citati i Merzbau, opere di arte totale che il tedesco Kurt Schwitters costruì a


partire dagli anni Venti del secolo scorso. Spazi negli spazi, dimensioni dentro altre dimensioni. Pezzi di


memorie personali e altrui che si stratificano e connettono con un ordine solo apparentemente casuale.


Una decostruzione del concetto lineare di tempo a favore della simultaneità che la fisica quantistica


dimostrerà, poco dopo, essere la vera realtà. Le opere di LETIA sono strumenti che ci aiutano a correggere


ed espandere il nostro sguardo su tutto, perché «tutto quello che ci vive intorno ha una carica visiva


e narrativa», e in questo “tutto” ci aiutano a trovare le fessurazioni attraverso cui fare dei veri e propri


attraversamenti mentali e spirituali. Cariello non ha paura di parlare di spiritualità. Ma ci tiene a fare dei


distinguo per i più distratti: non si tratta di esoterismo né di new age né tanto meno di pietismo. «Siamo


tutti collegati. Non dal punto di vista moralistico e caritatevole, ma davvero perché si tratta di una legge


fisica che regola l’universo» dichiara senza esitazione lei che studia profondamente la vita delle sante, ma


le chiama per nome («così io onoro la loro identità che è divinità come per ognuno di noi»), le teorie di


Einstein e dei teosofi. Lei che si prende persino il rischio di fare cose eleganti. Per la precisione, si tratta


di armonia, ovvero di un equilibrio dinamico frutto di una continua tensione di forze sotto un’apparenza


controllata. Per chi riesce a intra-vederle, oltre le superfici levigate e seducenti, ribollono molte energie


vitali, anche dolorose. Le opere di Letizia Cariello, discendente di una famiglia di scultori di professione


da duecento anni, sono anche attraversate da un dry humor, come nel caso della scultura a parete il


Re Bucranio - una testa di cervo laccata di bianco e incoronata con un anello di cartone dorato preso


dall’imballo di una torta - che offre un fulminante commento sulla vanità del potere. Talvolta, oltre le


apparenze, sono persino spietate. Come i petali delle rose fotografate e cucite con piccoli punti-croce di


filo rosso, un’infinita sequenza di crocifissioni. O ricoperte di puntini, sempre ricamati in rosso, che sono


«come sismografi o elettrocardiogrammi dello spirito». Facciamo ancora parlare l’artista, che, raccontando


le ragioni della scelta del nome LETIA, chiarisce molte cose, lasciando intatto l’enigma dell’arte e della


vita: «Questo nome marca un passaggio di stato energetico che si è manifestato solo come una percezione


inusuale di unità fra spazio interiore ed esterno e ha portato un senso di appartenenza fisica diversa


all’esistente. Come se mi fossi resa conto che mi muovevo con una percezione aumentata. O, piuttosto,


contornata dall’esistente che era molto più generoso ed esteso, e completamente sordo a ogni modalità


mendicante. La conseguenza, da un lato, è stata una pulizia immediata del lavorare e del lavoro e,


dall’altro, l’esclusione totale del tema dell’attesa, sostituito da quello della presenza. Un punto in cui tutte


le dimensioni sono presenti è assolutamente indifferente alle attese e a tutti i pietismi».

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