16/11/2023 - 26/01/2024
Zadok Ben-David "Natural Reserve"
Una recente ricerca dell’Università dell’Oregon attesta la comparsa delle prime piante sulle terre emerse circa 460 milioni di anni fa, molto prima del primo essere umano “moderno” avvenuta solamente circa 300 mila anni fa. Le piante hanno da subito accompagnato e aiutato l’uomo durante la sua evoluzione, gli hanno fornito nutrimento, riparo, materiali con cui costruire strumenti e medicinali per curarsi. Gli uomini nel corso dei secoli hanno imparato a conoscerle e riconoscerle dando loro nomi, coltivandole, attribuendo loro simbologie, usandole per decorare le proprie abitazioni, regalandole nelle ricorrenze più felici e più tristi.
Studiandole hanno compreso come possono respirare grazie all’ossigeno che producono attraverso il processo della fotosintesi clorofilliana. L’uomo deve tantissimo alle piante, ma spesso se ne dimentica, non considerando che anche loro sono esseri viventi che nascono, vivono e muoiono.
Il Botanic Gardens Conservation International stima che il 30% delle specie di piante esistenti attualmente sul pianeta sia a rischio di estinzione per varie cause: cambiamento climatico, eccessivo sfruttamento, mutamento del loro habitat, in parole povere a causa dell’uomo.
Il pluripremiato artista Zadok Ben-David da anni porta avanti una ricerca artistica che denuncia la gravità della situazione e promuove un messaggio di ritorno a uno stato di convivenza in armonia e rispetto, non solo con le piante, ma con tutti gli esseri viventi e i popoli del pianeta.
E’ quindi con grande orgoglio che Nashira Gallery, esclusiva rapprensentante in Europa dell’artista, espone negli spazi della galleria la sua grande installazione Blackfield (2007-2021): un cerchio di 5 metri di diametro contenente 6000 riproduzioni di piante e fiori, provenienti da ogni angolo del mondo. Le immagini, tratte dalle Enciclopedie Botaniche del XIX secolo, sono da un lato dipinte di nero e comunicano tristezza, un senso di fine. Dall’altro lato, sono dipinte a colori e ci fanno sorridere, esprimendo la bellezza della natura in tutte le sue sfumature. L’opera di Ben-David è una rappresentazione tanto sintetica quanto efficace dell’opposizione tra vita e morte, che porta lo spettatore a riflettere sulle proprie emozioni e sulla transitorietà.
“Blackfield è un’installazione psicologica ottimista che presenta due situazioni estreme: la vita e la morte. Tuttavia si tratta di una scelta più che di un destino. I fiori sono intesi come una metafora, un simbolo di due stati emotivi estremi - felicità e dolore”. - Zadok Ben David
A quest’opera monumentale si affiancano sulle pareti delle teche in cui l’artista espone una selezione di piante e alberi che, grazie a un gioco di specchi, mostrano simultaneamente all’occhio dello spettatore la loro doppia natura: Clouds Over Greenfields (2023), dai fiori tondeggianti e azzurri; Changing Mood 5 (2023), un soffione del tarassaco nei toni del rosa; Late Bloom 2 (2023), un rametto dai toni autunnali, ma con delle lucenti bacche rosse.
Sculture che nei loro riflessi divengono totalmente nere, puri tratti e linee disegnate.
Nelle sue sculture Zadok Ben-David dimostra di saper usare sapientemente materiali e colori per creare continue reazioni ed emozioni in chi le guarda, tanto che anche un semplice cactus che caratterizza il paesaggio del Mediterraneo in Happy Days (Large) (2023) acquista forza e potenza divenendo un monumento alla natura.
Per l’occasione, l’artista ha deciso di presentare anche opere video in dialogo diretto con le sue sculture.
In Same Place Other Times (Panorama) (2023) sagome di piante sono disposte in un prato verde sotto un cielo azzurrissimo a comporre un’immagine paradisiaca. Lentamente i colori cambiano, il cielo si incupisce diventando tempestoso, i fiori si anneriscono, il paesaggio sembra incenerirsi davanti ai nostri occhi in una rappresentazione infernale. Un video-loop sulla fragilità della natura e del mondo.
Di diversa natura Conversation Peace (2018): due sagome di uomini contrapposti, uno di fronte all’altro con le mani sui fianchi, hanno i corpi composti da paesaggi desertici con cieli azzurri pieni di nuvole. Finché dall’alto cominciano a cadere insetti di vario tipo e farfalle multicolori che si ammassano fino a riempirne le sagome, prima di bruciare completamente. C’è un dialogo armonioso tra le figure, con le farfalle e gli insetti che si muovono tra loro, che diventa un discorso infuocato che serve come metafora dell’esperienza umana sulla terra.
L’uomo non solo è parte della natura, ma ne è anche composto.
La mostra di Zadok Ben-David è una profonda riflessione sulla natura degli esseri umani e sul loro ruolo nell’ecosistema del pianeta. Chissà se in futuro saremo in grado di comprendere il linguaggio delle piante, come sostengono recenti studi, e se saremo in grado di dialogare con loro e non solo sfruttarle.