19/03/2024 - 27/05/2024
Il Cinema per Fabio Mauri
Richard Saltoun è lieta di annunciare la prima mostra in galleria dell'artista Fabio Mauri (1926- 2009), a cura di Laura Cherubini. Le opere in mostra sono state realizzate dagli anni 60 alla prima decade degli anni 2000 ed hanno come fil rouge il tema del cinema.
La ricerca artistica di Mauri è rinomatamente poliedrica, abbracciando performance, scultura, installazioni, ed opere in tecnica mista; i suoi interessi ampiamente disparati: includevano l’editoria, il cinema, il teatro e la letteratura. La giovane età dell’ artista è stata fortemente segnata dagli eventi della guerra e del fascismo, i quali hanno avuto un impatto profondo sulla sua eredità artistica ed intellettuale.
Oltre all’esperienza drammatica della guerra, grande influenza nella sua formazione e sperimentazione artistica, lo avrà l’ambiente in cui è cresciuto; sarà direttore delle sedi di Roma e Milano della celebre casa editrice Bompiani, di cui suo zio, Valentino Bompiani, ne fu fondatore. Mauri stringe amicizia con gli intellettuali della nuova avanguardia italiana, tra cui il romanziere Italo Calvino, il filosofo e semiologo Umberto Eco, il regista e appassionato di cinema Pier Paolo Pasolini e l'artista Jannis Kounellis.
L’opera Rebibbia (2006), cassettiera rinvenuta dal carcere romano, appartiene all’iconica serie delle Proiezioni, iniziata negli anni 70, in cui film d’autore vengono proiettati su supporti storici non convenzionali. Gli sportelli in ferro semichiusi, simboleggiano una molteplicità di vite vissute e scomparse, su cui Mauri proietta “La ballata di un soldato”, film di Grigorji Chukhraj. Le vicende della guerra, legate anche al luogo in cui è stato rinvenuto questo oggetto, documentano non solo un evento storico, ma raccontano una realtà in cui varie vicende umane si intrecciano e si mescolano. Nello spazio centrale della galleria emerge Pittura, testimonianza di un dialogo attivo e continuo tra pittura e cinema nella pratica di Mauri. Tale opera consiste in un grande proiettore cinematografico in cui la tela funge da pellicola. A circoscrivere lo spazio intorno ad essa, gli Schermi di carta, tele spiegate su telai e cartoncini bianchi che fungono da schermo-disegno. Realizzate sotto l'influenza di Alberto Burri, queste opere celebrano nuovamente il mito del cinema. Lo schermo come simbolo emerge già nel 1957 e rimane essenziale per l'articolazione del suo lavoro. La banda nera dipinta sui bordi è, certamente, un omaggio al cinema; ma rivolge la mente anche alla televisione, al computer ed alla tecnologia. Attraverso ciò, Mauri ci propone, al contempo, una critica e un’analisi sull'esperienza del "reale".